II sec d.C. - Tra le stelle e i miti
Intorno al 150 d.C., Claudio Tolomeo (ca. 100-175 d.C.) pubblicò il Μαθηματικὴ Σύνταξις, monumentale trattato noto con il nome arabo di Almagesto, ovvero il grandissimo, in cui l’astronomo alessandrino presentò la più completa teoria astronomico-matematica dell’antichità, compendio di tutte le teorie precedenti. L’opera include anche un catalogo di 1022 stelle, che descrive dettagliatamente le costellazioni greche. Per ogni stella Tolomeo indicò la luminosità, o magnitudine, su una scala decrescente da 1 a 6, e identificò quelle più brillanti con nomi propri derivati dalla tradizione antica. Ciascuna stella era poi descritta con le sue coordinate e, soprattutto, con la posizione occupata all’interno della figura artistica dell’asterismo, secondo una consuetudine che si era già consolidata nei secoli precedenti. In tal modo, ad esempio, Arturo era nella frangia della tunica di Boote mentre Capella era sul gomito destro dell’Auriga (Tolomeo 1515). Nei secoli successivi l’opera di Tolomeo divenne la colonna portante dell’astronomia araba e poi della cultura europea, e l’Almagesto è ancora oggi un punto di riferimento fondamentale quando si parla di nomenclatura stellare classica.
In epoca più moderna, l’inizio della navigazione transoceanica, avviata da Colombo, evidenziò la necessità di aggiornare la cartografia celeste, in particolare quella dello sconosciuto emisfero australe. Le stelle erano, infatti, fondamentali punti di riferimento per determinare la longitudine e, di conseguenza, la posizione delle navi in mezzo all’oceano. Nel corso del ’500, pertanto, si cominciarono a introdurre nuove costellazioni raggruppando tra loro le stelle del cielo meridionale che si andavano via via svelando. Con l’invenzione e lo sviluppo della stampa si ebbe anche una prolifica produzione di mappe stellari che, pur rifacendosi alla tradizione tolemaica, inclusero anche le nuove costellazioni. Tra gli atlanti più importanti di questo periodo troviamo De le stelle fisse di Alessandro Piccolomini il quale rappresenta il primo atlante stellare a stampa della storia. Esso aveva un carattere divulgativo e riscosse un notevole successo, visto che nel corso del XVI secolo fu stampato in successive quattordici edizioni. L’atlante del Piccolomini, che descrive 47 costellazioni tolemaiche, mancando Equuleus, e che presenta le posizioni delle stelle durante il corso dell’anno, è di estrema importanza nella storia della nomenclatura astronomica poiché è il primo testo che identifica le stelle di ogni costellazione secondo un preciso criterio di catalogazione scientifica. Scompaiono le figure mitologiche e gli astri vengono contrassegnati con lettere latine in ordine decrescente di luminosità (a è tipicamente la stella più luminosa, b è la seconda e così via). Per ciascuna stella Piccolomini diede una breve descrizione della posizione e ne indicò la magnitudine, espressa in un intervallo da 1 a 4. Su ogni tavola, infine, Piccolomini riportò la direzione del polo celeste e quelle del sorgere “donde” e del tramontare “verso dove” degli astri. De le Stelle Fisse era dunque un vero e proprio atlante stellare che permetteva all’osservatore di individuare con certezza la posizione di ogni singolo astro sulla volta celeste. Pur mancando della bellezza artistica degli atlanti coevi o posteriori, il volume di Piccolomini somiglia per molti versi agli attuali atlanti stellari (Piccolomini 1540).