1877 - Vocabolario marziano
Il 1877 fu l’anno della svolta nella cartografia di marziana grazie all’opera di Schiaparelli, direttore dell’Osservatorio astronomico di Brera.
Durante l’opposizione del settembre 1877 Schiaparelli approfittò dell’occasione presentatasi non tanto per un interesse specifico nello studio dei pianeti, ma per verificare se l’accuratezza delle misure micrometriche fatte a stelle doppie con il suo telescopio producesse risultati altrettanto soddisfacenti anche nell’osservazione delle superfici planetarie. Inoltre, confessò l’astronomo milanese, volle appurare direttamente se corrispondesse al vero quanto si «suole narrare sulla superficie di Marte, sulle sue macchie e sulla sua atmosfera». Incoraggiato dalle sue buone osservazioni, Schiaparelli si convinse che «l’interpretazione dei fenomeni osservati su Marte è cosa ancora in gran parte ipotetica» e decise di proseguire le misure per ottenere una «descrizione del pianeta non per mezzo di dischi o di ritratti di Marte fatti a misura d’occhio, ma dietro principi e con metodi geometrici». Tentando una strada scientifica nuova, il più possibile non suggestionabile dalle sensazioni dell’astronomo, Schiaparelli poté delineare un profilo delle caratteristiche della superficie marziana più vicino alla realtà, almeno nelle linee generali. Se è vero che alcune delle conclusioni a cui giunse Schiaparelli, interpretando le rigorose misure, lo condussero verso spiegazioni che sollevarono molte critiche, come la geminazione dei canali di Marte, va certamente riconosciuto all’astronomo di Brera il merito di aver proposto all’intera comunità scientifica un criterio ‘impersonale’ nelle misurazioni.
Definita la direzione dell’asse di rotazione del pianeta e individuati con il micrometro ben 62 punti fondamentali sulla superficie, Schiaparelli determinò la descrizione topografica di Marte, «precisamente come il geografo compie la descrizione di un paese della Terra». Nella comunicazione letta all’Accademia dei Lincei nella seduta del 5 maggio 1878, Schiaparelli spiegò che avrebbe voluto usare la nomenclatura già definita da Proctor, ma la complessità della sua mappa l’avrebbe costretto ad abolire alcuni nomi e a crearne molti altri: «Grandi isole sono sprofondate al fondo del mare (Isole di Phillips e di Jacob) o ad ogni modo non sono più isole». Decise allora di creare una «nomenclatura speciale». Al pari di Hevelius, Schiaparelli aveva notato una stretta analogia tra la superficie marziana e alcune regioni terrestri e pensò a una nuova nomenclatura, «fatta mentre stava lavorando al cannocchiale», che si ispirasse alle denominazioni geografiche. Ma a differenza di Hevelius non trasferì mari e montagne terrestri sul pianeta rosso, piuttosto elaborò un originale criterio di classificazione, rifacendosi a «nomi di geografia poetica e di archeologia mitica …. il cui suono desta nell’animo tante belle rimembranze». Spuntarono così il mare Cimmerio, la terra dell’Eden, il Golfo dei Titani, il Capo Circeo, il Lago di Tritone, per citare solo alcuni nomi della sua prima areografia (Schiaparelli 1878). Dal 1877 al 1888 l’astronomo italiano realizzò sette mappe areografiche arricchendo di dettagli topografici la cartografia marziana. Nonostante lo scienziato di Brera dichiarasse di non voler «sollecitare per essa l’approvazione degli Astronomi, né l’onore di passare nell’uso generale», sta di fatto che l’articolazione delle sue mappe di Marte restò l’unico riferimento fino alle soglie del volo spaziale.