1870 - Oceani e continenti alieni
Nel 1867 l’astronomo inglese Richard Proctor pubblicò una mappa di Marte basandosi sulle osservazioni e sui 27 disegni fatti da William R. Dawes durante l’opposizione del 1864. L’obiettivo di Proctor era di ottenere un valore molto preciso per il periodo di rotazione del pianeta. Confrontando le strutture delineate da Dawes con tutta la principale letteratura sul tema, dalle osservazioni di Cassini fino ai disegni di Secchi, Proctor individuò delle conformazioni superficiali coerenti tra loro. Sulla base di questa organicità, decise quindi di realizzare una dettagliata carta areografica corredata di una nomenclatura associata alle principali caratteristiche della superficie marziana. Nel 1872 Proctor pubblicò The orbs aroundus e, parlando del pianeta della guerra, scrisse espressamente che la superficie di Marte «presenta indicazioni di cui non si può ragionevolmente dubitare» e confermò l’esistenza di continenti e oceani analoghi a quelli terrestri.
Tali ipotesi, che sembravano diventare certezze, ebbero un’ulteriore verifica con le misure fatte nel 1872 dall’astronomo tedesco Hermann Carl Vogel con «quello strumento di ricerca meravigliosamente delicato [che è] lo spettroscopio». Vogel aveva compiuto infatti una serie di misure spettroscopiche delle atmosfere planetarie e per Marte identificò 25 linee spettrali, alcune delle quali erano analoghe a quelle dello spettro solare, mentre altre presentavano similitudini con le linee di assorbimento osservate nell’atmosfera terrestre. Sulla base di queste misure, Vogel affermò con certezza che «Marte possiede un’atmosfera che, per composizione, non differisce sostanzialmente dalla nostra, e che, in particolare, è ricca di vapore acqueo». Proctor realizzò dunque una carta che riproduceva tutte le caratteristiche della superficie marziana, ossia oceani, continenti, isole e territori, così come gli apparivano dalle osservazioni di Dawes. «Per comodità di riferimento», scriveva Proctor, «queste caratteristiche hanno ricevuto i nomi di quegli astronomi le cui ricerche hanno in qualche modo contribuito alla nostra conoscenza di questo interessante pianeta». Il criterio scelto era sostanzialmente in continuità con quello adottato da Riccioli per la Luna e che nell’Ottocento si era ormai imposto come il più valido criterio selenografico. Sotto le calotte polari Proctor identificò il mare settentrionale di Schröter e quello meridionale di Phillips, mentre nelle regioni equatoriali individuò quattro estesi continenti a cui attribuì i nomi di Herschel, Dawes, Mädler e Secchi.
La scelta di Proctor non riscosse il consenso che ci si sarebbe aspettato; al contrario, ebbe molte critiche in parte per aver dato un rilievo eccessivo agli astronomi inglesi, ma soprattutto per aver fatto ricorso allo stesso nome per diverse configurazioni della cartografia, tanto che Dawes era il nome di un oceano, di un continente, di un mare, di uno stretto, di un’isola e di una baia. Tra gli astronomi italiani Proctor celebrò la terra di Cassini e di Fontana e il continente di Secchi; omise invece un omaggio a Galilei e ad altri astronomi di non minor valore, come Halley, Le Verrier o Galle. Questa impostazione, seppur tradizionale, non convinse la comunità astronomica, che non adottò la nomenclatura di Proctor nei successivi lavori su Marte. Nonostante l’ingenuità dell’astronomo inglese, che richiama alla memoria il criterio molto discusso di van Langren, la sua mappa di Marte rappresenta il primo reale impulso allo sviluppo della nomenclatura marziana, estendendo oltre la Terra e la Luna la nozione di mappatura di un globo planetario.